Archivi categoria: Scuola e didattica

Gli albi illustrati e la didattica dell’italiano: un articolo su «Italica Wratislaviensia»

2017_iwGli albi illustrati (e la variante dei silent book, cioè gli albi di sole immagini) sono libri per l’infanzia considerati da molti idonei solo ai bambini in età prescolare o nei primissimi anni di scolarizzazione, e per questo per lo più trascurati a livello di insegnamento negli ordini scolastici successivi. In realtà, le potenzialità didattiche degli albi illustrati, caratterizzati negli esempi più riusciti da un perfetto connubio tra parole e immagini, sono enormi, in particolare per la scuola primaria: per ciò che riguarda la didattica dell’italiano, ad esempio, si rivelano dei supporti straordinari per un’impostazione di tipo progettuale che permetta di integrare l’insegnamento/apprendimento di tutte le abilità linguistiche e della riflessione sulla lingua, cioè dei perni sui quali si reggono i programmi e i piani di studio relativi alla lingua italiana dei paesi e dei contesti italofoni.

L’articolo di Simone Fornara Viaggi di immagini e parole.
La didattica dell’italiano nella scuola primaria con gli albi illustrati e i silent book, pubblicato sul numero 8 (2017) della rivista «Italica Wratislaviensia», si propone di sostanziare questa convinzione attraverso la definizione di una possibile classificazione degli albi illustrati in sei distinte tipologie e la contestuale descrizione di alcuni percorsi didattici sviluppati in scuole primarie del Canton Ticino (Svizzera italiana), incentrati sull’utilizzo di albi illustrati. Puntando sul piacere di leggere storie coinvolgenti e sulla motivazione, l’albo illustrato consente di lavorare in vista di obiettivi ambiziosi e stimolanti (ad esempio, la redazione di uno o più albi illustrati nuovi, ispirati a quello scelto all’inizio del percorso, oppure la trasposizione teatrale del testo di partenza), puntando nel contempo a sviluppare le competenze degli allievi per ciò che riguarda il parlato e l’ascolto, la lettura e la scrittura.

L’articolo è disponibile a questo link.

Cliccando qui, invece, è possibile scaricare l’intero numero della rivista, dedicato alla letteratura per l’infanzia.

La battaglia navale della punteggiatura su «La Vita Scolastica»

2017_vsaLa battaglia navale della punteggiatura, cioè la proposta didattica elaborata da Raffaella del Bono e descritta in questo articolo, è ora approdata sulle pagine della rivista «La Vita Scolastica» (numero 9/2017), che ne presenta in breve gli obiettivi e le caratteristiche.

L’articolo, intitolato Punto e virgola. La battaglia navale della punteggiatura: un gioco didattico per rinnovare un esercizio tradizionale e scritto a quattro mani da Simone Fornara e Raffaella del Bono, è disponibile per gli abbonati alla rivista o sulla piattaforma Academia.

A questo link è invece possibile scaricare il gioco e le istruzioni.

Giocare con le parole a Bologna

2017_bologna_opificio_golinelli Martedì 28 febbraio 2017, dalle ore 15 alle ore 17, presso l’Opificio Golinelli di Bologna, Simone Fornara ha svolto un incontro con i docenti di italiano e discipline affini di ogni ordine e grado, nell’ambito della terza edizione del corso di formazione Educare a educare: lingua italiana e realtà, coordinata da Matteo Viale.

Il tema della conferenza è stato la ludolinguistica a scuola: una serie di suggestioni operative (in gran parte ricavate dal libro Giocare con le parole) per far entrare in tutte le classi il fascino dei giochi di parole, un prezioso ausilio per portare l’attenzione dei ragazzi sulla lingua italiana e sulle sue infinite possibilità.

Cliccare qui per scaricare il programma completo dell’inizitiva.

La didattica della punteggiatura all’Accademia dei Lincei

2017_linceiLa Fondazione “I Lincei per la Scuola” organizza una serie di incontri di aggiornamento per docenti delle scuole primarie e degli istituti secondari di primo grado della Regione Lazio, sotto la responsabilità scientifica di Luca Serianni.

L’iniziativa, intitolata Per una didattica dell’italiano argomentativo, prevede alcuni laboratori sulla didattica della scrittura, a cura di Tiziana Rossetti, e incontri sulla didattica della punteggiatura (Simone Fornara), sulle parti del discorso (Daniela Notarbartolo) e sui rapporti tra linguistica e insegnamento della grammatica (Giorgio Graffi), preceduti da una lezione introduttiva di Luca Serianni.

Simone Fornara ha parlato di didattica della punteggiatura lunedì 27 febbraio 2017, dalle ore 15 alle ore 17, presso l’auditorium della sede dell’Accademia dei Lincei, a Roma.

Cliccare qui per scaricare il programma completo dell’iniziativa.

Intrecci tra italiano e matematica su «La Vita Scolastica»

media-giuntiscuola-itChe italiano e matematica siano due mondi assai distanti tra loro, addirittura agli antipodi, è un luogo comune duro a morire, rafforzato da decenni (secoli?) di pratica didattica tradizionale, che le presenta a scuola come due discipline a sé stanti.

In realtà, sono ormai molti gli studi che hanno dimostrato il contrario. Che, cioè, tra questi due mondi ci sono moltissimi punti di contatto, e che il pensiero umanistico non è poi così diverso da quello matematico. Un punto di contatto sono le parole, ad esempio. Molte difficoltà nella risoluzione di problemi matematici, infatti, nascono da una mancata comprensione delle parole.

Proprio a questo aspetto è dedicato un recente articolo di Simone Fornara e Silvia Sbaragli pubblicato sul numero 2/2016 della rivista «La Vita Scolastica», intitolato Che problema, queste parole!

L’articolo è disponibile per gli abbonati alla rivista o sulla piattaforma Academia.

 

Come TIscrivo? Un convegno sulla scrittura a scuola

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Come scrivono i giovani studenti della scuola dell’obbligo ticinese di oggi? Quali sono i nodi di difficoltà ricorrenti della loro scrittura e dell’italiano in generale? Che cosa può fare un docente per aiutarli a migliorare? In quale modo la ricerca scientifica può guidare le pratiche didattiche nelle aule scolastiche?

Rispondere a questi e ad altri interrogativi può sembrare difficile, ma non è impossibile. Soprattutto se le risposte possono fondarsi su un’analisi rigorosa della realtà. Ed è proprio questo l’intento di fondo del convegno che si svolgerà al Teatro di Locarno il 23 agosto 2016: dare risposte utili ai dubbi dei docenti a partire dai risultati della ricerca denominata TIscrivo, il progetto del Fondo Nazionale Svizzero per la Ricerca Scientifica (FNS) DoRe 13DPD3_136603 La scrittura oggi, tra parlato e lingua mediata dalla rete. Aspetti teorico-descrittivi, diagnosi e interventi didattici, che ha portato alla raccolta e alla successiva analisi di circa 2000 testi scritti da allievi delle scuole ticinesi.

Nato dalla collaborazione tra il Dipartimento formazione e apprendimento della SUPSI, il territorio del Canton Ticino, rappresentato dall’Ufficio dell’Insegnamento Medio e dall’Ufficio delle Scuole Comunali, e la Sezione di Linguistica italiana dell’Istituto di Italianistica dell’Università di Basilea, il progetto ha visto impegnato un gruppo di studiosi guidati dai ricercatori del Centro di competenza di Didattica dell’italiano e delle lingue nella scuola del DFA dal 2011 al 2014 e si è potuto concretizzare grazie all’impegno e alla disponibilità di decine di docenti del cantone, che hanno aperto le porte delle loro aule e si sono messi a disposizione in corsi di formazione continua incentrati sul tema della scrittura e della revisione del testo.

La giornata, aperta a tutti i docenti della scuola dell’obbligo (e non solo), prevede relazioni accademiche, il racconto di esperienze didattiche maturate sui banchi delle scuole elementari e medie del Ticino, una tavola rotonda sul tema della scrittura a scuola, ed è anche l’occasione per presentare il libro Come TIscrivo? La scrittura a scuola tra teoria e didattica (Roma, Aracne, 2016), che descrive i principali risultati dei primi tre anni del progetto. Non mancheranno, inoltre, alcune sorprese in linea con il contesto in cui l’evento si svolgerà (il Teatro di Locarno).

Iscrizioni, programma, profili dei relatori e altri dettagli all’indirizzo www.supsi.ch/go/tiscrivo.

Cliccare qui per scaricare la locandina con il programma completo in formato A3.

Sul convegno…

La battaglia navale della punteggiatura

punteggiaturaIn più occasioni mi è capitato di mettere in discussione la reale utilità di uno degli esercizi più sfruttati per l’insegnamento della punteggiatura: l’inserimento dei segni in un testo che ne è privo. Gli schedari per la scuola primaria in commercio ne sono pieni, tanto che spesso diventa il fulcro attorno al quale ruota la didattica dell’interpunzione. Questo tipo di esercizio, però, più che insegnare, permette di verificare le competenze dell’allievo e di monitorarne l’evoluzione, ma anche in ciò ha dei limiti: la reale competenza d’uso si vede infatti solo nella composizione (più o meno libera) di un testo, e non nello svolgimento di esercizi. Per questo motivo, ad esempio nel mio libro Alla scoperta della punteggiatura. Proposte didattiche per riflettere sul testo (Roma, Carocci, 2012), ne ho proposto un uso parco, avanzando nel contempo l’idea che, per essere più utile, andrebbe collegato al discorso sulle tipologie testuali, chiedendo agli allievi di inserire i segni in testi appartenenti in modo chiaro a una di esse: in questo modo, l’allievo capisce che a una tipologia testuale precisa corrisponde un uso più o meno vincolato dei segni di punteggiatura. Ad esempio, in un testo regolativo (una ricetta o le istruzioni di un gioco), la posizione dei segni diventa quasi obbligata, mentre in un testo narrativo è un po’ più libera. In questo modo è possibile rivitalizzare un esercizio un po’ vetusto, rendendolo più coerente con i contenuti dei programmi di studio odierni e con i principi che regolano (e che dovrebbero guidare) la didattica dell’italiano del terzo millennio.

Per questo, mi ha fatto enormemente piacere ricevere la lettera di una maestra di scuola primaria, Raffaella del Bono, dell’Istituto Comprensivo M.K. Gandhi di Pontedera (PI), che ha avuto la gentilezza di condividere con me un proposta didattica sulla punteggiatura ispirata a quelle mie pagine e che lei, con grande creatività e passione, ha rielaborato per i suoi allievi. Si tratta di un’affascinante battaglia navale interpuntiva.

Il gioco, che si svolge a coppie (o in due squadre), è molto semplice: si gioca come la battaglia navale classica, solo che invece di colpire e affondare le navi, bisogna indovinare dove sono posizionati e quali sono i segni di punteggiatura all’interno di un testo.

La maestra Raffaella ha avuto anche la pazienza di rispondere ad alcune mie domande: le sue parole permettono di capire meglio lo spirito che anima questa e altre iniziative simili.

Come è nata l’idea di una battaglia navale della punteggiatura?

Io lavoro in una scuola che fa parte della rete delle scuole “Senza Zaino”. Il “Senza Zaino” è un modello che si sta diffondendo da una decina d’anni in molti Istituti (credo che siano circa un centinaio in Italia). Partito dalla Toscana, e precisamente da Lucca, dove il dirigente scolastico Marco Orsi lo ha elaborato, si sta diffondendo in varie regioni. Gli aspetti che caratterizzano questo modello di scuola sono molteplici: l’eliminazione dello zaino è solo il più eclatante. Tra le molte caratteristiche del modello vi è la valorizzazione del lavoro differenziato per favorire l’autonomia degli alunni. In pratica ci sono momenti, durante la settimana, in cui la classe non segue un’attività uguale per tutti, ma i ragazzi lavorano su attività differenti, in autonomia. Per questo gli insegnanti predispongono degli strumenti di lavoro che permettano tali attività e il controllo autonomo dell’errore. Tutti noi siamo quindi impegnati nell’elaborazione di strumenti di lavoro sempre nuovi. Caratteristica di questi strumenti è generalmente quella di essere motivanti e accattivanti. Ci sono scuole dove sono state istituite delle “Fabbriche di strumenti” che gli insegnanti della rete possono visitare e a cui possono ispirarsi per creare il proprio materiale. Non ho mai trovato però nulla che riguardasse la punteggiatura e così qualche giorno fa mi sono messa a pensare a cosa avrei potuto realizzare. Sull’onda di alcuni strumenti che avevo appena realizzato (Gioco dell’oca di verbi e aggettivi, Memory dell’Indicativo), ho pensato a un altro gioco “classico” per bambini, la Battaglia Navale. Il gioco doveva permettere un lavoro in coppia e consentire il controllo autonomo dell’errore. La Battaglia Navale è ovviamente pensata come un momento di esercitazione successivo al percorso collettivo di riflessione sulla punteggiatura.

Quello che vorrei sottolineare è che le idee per una didattica innovativa non nascono da sole, sono spesso frutto di ambienti  stimolanti e all’avanguardia.

Quali sono le reazioni degli allievi di fronte a queste attività?

In generale le reazioni a questi stimoli sono sempre molto positive. I bambini sono sempre entusiasti di utilizzare strumenti che rendano la didattica più interessante e meno monotona.

E in termini di apprendimento, che cosa si può dire di attività come queste? Dalla sua esperienza, ha ricavato che servono davvero a qualcosa?

Sì, sono convinta che servano davvero. Vengo da un’esperienza molto lunga nella scuola dell’Infanzia. Lì è pratica comune inserire il gioco, libero o guidato, nella didattica. Il gioco, da sempre, sia in contesti formali che informali, permette l’acquisizione di numerosi apprendimenti. Nella scuola primaria non è sempre facile proporre la pratica ludica nella didattica, ma quando è possibile i bambini sono sicuramente molto più motivati. La motivazione è un grosso motore per imparare.

Un grande grazie, dunque, alla maestra Raffaella: è per merito di persone appassionate come lei che le nuove generazioni possono disporre di occasioni di apprendimento stimolanti e rispettose delle loro straordinarie (e troppo spesso trascurate) capacità.

Cliccare qui per scaricare le istruzioni e tutti i materiali didattici della Battaglia navale della punteggiatura.

Dettato sì o dettato no?

IMG_3461Il dettato è una delle pratiche didattiche più resistenti nella scuola primaria di lingua italiana. Oggi, come ieri, la maggior parte dei docenti detta; è un dato di fatto. Ma i pareri circa l’utilità del dettato sono anche molto discordanti. E a volte manca una vera consapevolezza riguardo al suo utilizzo.

Già, a che cosa serve il dettato? Molti pensano che serva a imparare a scrivere; molti altri a imparare l’ortografia; qualcuno pensa che non serva a niente di tutto ciò, e che in fin dei conti sia soltanto una tortura alla quale vengono sottoposti milioni di bambini, senza possibilità di scampo.

E allora, di fronte a questi dubbi, a questi pareri discordanti, la cosa migliore da fare è mettersi a studiare vizi e virtù di questa pratica didattica in modo rigoroso e scientifico, per sgombrare il campo da equivoci e luoghi comuni. Come ha fatto Elisa Farina, insegnante di sostegno nella Scuola primaria che ha conseguito il dottorato in Scienze della Formazione e della Comunicazione presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, ateneo presso il quale collabora. I risultati della sua lunga ricerca sono illustrati nel volume Il dettato nella scuola primaria. Analisi di una pratica di insegnamento, edito dalla FrancoAngeli nel 2014. Una lettura obbligata per ogni docente di scuola primaria.

Che cosa ci dice Elisa Farina, nel suo lavoro? Tante e utili cose, a partire da ciò che avviene in classe quando si detta: ad esempio, che cosa fanno i bambini, che cosa fanno i docenti, in che modo dettano, in che modo danno “istruzioni” (consapevolmente o inconsapevolmente) agli allievi, e quali effetti hanno queste istruzioni sui bambini stessi. E, di conseguenza, ci dice quali regolazioni andrebbero messe in pratica perché il dettato serva davvero a qualcosa.

La mia opinione è sostanzialmente in linea con quella di Elisa Farina, soprattutto quando chiarisce che, per essere efficace, il dettato non dovrebbe essere inteso e praticato solo in senso tradizionale, ma in una molteplicità di varianti (molte delle quali descritte nelle pagine del suo libro) molto più coinvolgenti e cariche di senso rispetto alla sola che molti conoscono. Qualche esempio? Dettare brani estratti dai libri di lettura, dettare un riassunto delle cose apprese alla fine della lezione, dettare all’adulto (invertendo i ruoli), dettare (perché no?) la lista delle cose da fare, o della spesa, o le regole di un gioco, o gli ingredienti di una ricetta, dettare di corsa, dettare i compiti, dettare domande da trasformare in affermazioni, e tanto altro ancora…

E sono allineato con lei ancor più quando scrive che l’insegnamento dell’ortografia può trovare la sua piena e migliore realizzazione quando è inserito nel più vasto tema dell’apprendimento della lingua scritta, e in particolare nella fase cruciale della revisione del testo, che da sempre è uno dei processi della scrittura più trascurati a scuola, e che invece andrebbe collocato ai primissimi posti delle preoccupazioni dei docenti.

Per saperne di più, ovviamente, non posso che rinviare alla lettura dell’ottimo libro, concludendo che, a mio parere, il dettato ha ancora ragion d’essere nella scuola primaria del terzo millennio, a patto che sia usato in modo consapevole e in forme e modalità diverse da quella tradizionale, il cui ricorso andrebbe limitato a non troppo insistenti momenti di verifica (sempre che non si detti sillabando o comunque con intonazioni che suggeriscano ai bambini i luoghi di difficoltà).

In questo modo, il dettato può diventare un prezioso alleato per l’apprendimento, liberandosi dalla zavorra che si porta dietro da decenni: quella che lo associa al terrore per l’errore commesso. I bambini che imparano a scrivere devono sapere che si può (e si deve anche) sbagliare, perché solo sbagliando si diventa consapevoli delle mille sfaccettature di questa complicata lingua italiana. In fondo, è ciò che ci ha insegnato Gianni Rodari, con la sua teoria dell’errore creativo: l’errore può essere bello (come la torre di Pisa!).

Una caccia al tesoro con gli anagrammi

IMG_3141A partire da alcuni spunti presenti nel libro di Simone Fornara e Francesco Giudici Giocare con le parole, ecco una proposta di attività didattica (veloce e di sicura efficacia) per la scuola elementare: una caccia al tesoro con gli anagrammi!

Si tratta di preparare una serie di cartellini con scritta, su ciascuno di essi, una parola o un’espressione ricavata dall’anagramma del nome di un oggetto presente nell’aula scolastica. Ad esempio, astuccio potrebbe diventare ciucasto (se si vogliono creare anagrammi senza senso), oppure, e meglio ancora, acustico (se si vogliono creare parole di senso compiuto); la maestra potrebbe diventare colei che sa trame;  la lavagna potrebbe trasformarsi in una innocua valanga, e via di seguito.

Basteranno una decina di cartellini (come quelli che potete scaricare da qui, già pronti per l’uso: basta ritagliarli) da inserire in una busta. Se ne estrae uno, e si chiede ai bambini, suddivisi in tre o quattro squadre, di indovinare l’oggetto in questione, andando ad appenderci sopra, con un po’ di scotch, il cartellino corrispondente.

Variante: preparare quattro buste, contenenti ciascuna gli stessi dieci cartellini, stampati magari su cartoncini di colore diverso (ogni colore identifica una squadra). Vince la squadra che per prima appende il cartellino sull’oggetto giusto. In questo caso, è bene dare lo stesso cartellino a tutte le squadre, stabilendo un tempo limite entro il quale proporre la propria soluzione. Possibile assegnare punti alle squadre (ad esempio, tre punti a chi indovina per primo; un punto alle altre squadre che indovinano comunque la soluzione; zero punti alle squadre che sbagliano).

Noi, alle scuole comunali di Gordola (in Canton Ticino) ci abbiamo provato, con gli allievi delle due terze, ed è stato divertente vedere la maestra aggirarsi per l’aula con appiccicati sulla schiena quattro bigliettini di colore diverso, tutti con la scritta sa trame. Ma ci siamo divertiti anche a mettere in difficoltà i bambini, con l’enigmatico anagramma finta scarpa in lego… che cosa sarà mai?

 

Tutti al Festival della punteggiatura!

FESTIVAL PUNTEGGIATURA LOCANDINAVenerdì 25 e sabato 26 settembre 2015, nella suggestiva cornice di Santa Margherita Ligure, si è svolta la prima edizione del “Festival della Punteggiatura”.

Grazie all’organizzazione scientifica di Elisa Tonani (Università di Genova), la manifestazione è stata una miscela ben equilibrata di linguistica, didattica e letteratura: il programma ha previsto alcuni laboratori con le scuole a cura di Simone Fornara e una serie di relazioni di studiosi, scrittori, giornalisti ed esperti (Giuseppe Antonelli, Ester Armanino, Simone Fornara, Francesco Guglieri, Gaia Manzini, Paolo Nori, Luca Raffaelli, Enrico Testa ed Elisa Tonani) che hanno affrontato il tema della punteggiatura da più punti di vista.

Dopo il laboratorio con le scuole, Simone Fornara ha presentato alcune riflessioni sulla didattica della punteggiatura, rivolte in particolar modo agli insegnanti, al fine di fornire alcune indicazioni per un insegnamento/apprendimento del sistema interpuntivo più premiante e aggiornato rispetto a quello tradizionale, anche alla luce di alcune recenti pubblicazioni e degli esiti delle ricerche condotte negli ultimi anni presso il DFA della SUPSI.

Per chi ne ha avuto la possibilità, una bella occasione  per (è proprio il caso di dirlo) fare il punto della situazione su un nodo cruciale della scrittura di oggi, divenuto assai di moda negli ultimi anni: la gestione del sistema interpuntivo, con tutte le sue inimmaginabili sfaccettature.

Cliccare qui o sull’immagine per visualizzare la locandina con il programma del Festival.

Sul Festival della punteggiatura…