Una caratteristica comune a tutti gli albi illustrati ben riusciti (tranne il caso limite dei silent books, cioè degli albi solo illustrati, senza parole) è il rapporto di interdipendenza tra parole e immagini. Le due dimensioni iconica e verbale, infatti, se l’albo è composto con equilibrio, dialogano tra di loro formando un tutt’uno inscindibile. E, per ottenere questo effetto, l’attenzione ai minimi dettagli si rivela un fattore decisivo.
È proprio il caso degli albi illustrati di Matthieu Maudet, autore-illustratore che lavora sia da solo, sia in coppia con altri scrittori, e sempre con risultati di tutto rilievo. Come per i due libri cartonati Buongiorno postino e Buongiorno dottore, entrambi pubblicati in traduzione italiana da Babalibri e con il testo di Michael Escoffier.
Prenderemo in esame il più divergente dei due, cioè Buongiorno dottore (2010), illustrato da una storia che nelle prime pagine e quasi fino alla fine sembra essere assolutamente normale, cioè per nulla divergente, ma nei canoni delle storie tranquillizzanti fatte apposta per intrattenere i lettori più piccoli. Anche la veste tipografica dell’albo, formato quadrato e pagine spesse di cartone rigido, fa pensare ai libri destinati a bambini che ancora non sanno leggere, e che con il libro hanno un rapporto fisico fatto di mordicchiamenti e lanci improvvisi (dell’oggetto-libro).
Ma, osservandolo e leggendolo (o ascoltandolo) con molta attenzione, ci si accorge che qualcosa non torna. Qualche dettaglio stona con la serenità apparente della situazione (e anche con l’aspetto innocente e colorato del libro): siamo in una sala d’attesa di uno studio medico, con sei pazienti (tutti animali, ma di diverse stazze) che aspettano il proprio turno leggendo riviste e giornali o sonnecchiando. Il dottore interviene con pacatezza e delicatezza, risolvendo i problemi di tutti (un bastoncino di lecca-lecca incastrato tra i denti di un coccodrillo, un chewingum infilato a ostruire la proboscide di un elefante) senza generare dolore. Al termine di ogni visita, il dottore sporge la testa nella sala d’attesa e chiama: «Il prossimo!». Solo che i conti non tornano: i pazienti ancora in attesa sono sempre uno in meno di quanti ce ne dovrebbero essere. Fino a quando il prossimo è il lupo. E allora si capisce tutto.
Che fine hanno fatto il coniglio e il papero? E che fine fa il dottore? E quella pecora, ultima rimasta, che fine farà?
Insomma, la divergenza emerge in modo eclatante nelle ultime pagine, ma – rileggendo a ritroso il tutto e stando attenti ai minimi dettagli – si può scoprire in realtà che qualche segnale è presente sin dalla primissima pagina dell’albo, quella che ritrae i sei pazienti in placida e tranquilla attesa. O meglio, i cinque più uno. Cioè il lupo, che, con la lingua penzoloni, finge di leggere il quotidiano che tiene fra le zampe, mentre guarda con appetito il coniglio che gli sta proprio accanto. E, se si osserva ancora meglio, si nota che sulla prima pagina del quotidiano c’è una foto che raffigura il ricercato numero uno, che ha proprio le fattezze del… lupo!
Da qui in poi i dettagli si moltiplicano, ma il succo resta lo stesso: un libro che costruisce la sua divergenza sul microscopico, e che pare fatto apposta per sviluppare la capacità di osservazione dei giovani lettori. Già la prima pagina è un piccolo capolavoro da sfruttare in senso didattico, una miniera di spunti per chiedere ai bambini di formulare ipotesi sul contenuto della storia: che cosa potrà succedere a questi sei animali?
E sono proprio le quattro immagini a doppia pagina, cioè tutte quelle che illustrano la sala d’attesa e i mutamenti che la caratterizzano dall’inizio alla fine, a costituire l’ossatura della storia, tanto che si potrebbero tranquillamente estrapolare dal libro, eliminando tutte le altre, e la storia resterebbe invariata. Anzi, si potrebbero addirittura presentare ai bambini, chiedendo a loro di inventare le pagine “di contorno”, per poi confrontarle con quelle originali. Ma gli spunti didattici non si esauriscono certo qui.
Insomma, una delle migliori dimostrazioni che l’albo illustrato può diventare una vera opera d’arte, grazie a un sapiente dosaggio di immagini, parole e… dettagli.