L’emergenza sanitaria legata al Covid-19 (per fortuna) non ferma tutte le iniziative accademiche programmate per l’anno in corso: molti atenei, con uno sforzo organizzativo decisamente importante, cercano nuove vie per non far cadere i corsi, le lezioni, i seminari, le conferenze, e per permettere ai propri iscritti di proseguire nel percorso di formazione senza disagi eccessivi.
La didattica a distanza è una delle soluzioni più praticate: quando usata bene, si trasforma in un’occasione di crescita che certamente insegnerà a tutti noi cose che potranno essere poi sfruttate anche a emergenza terminata, per rivedere il nostro modo di insegnare e per creare nuove opportunità in situazioni particolari.
Giovedì 15 aprile 2020, ad esempio, ho avuto l’occasione di mantenere in agenda una lezione da tempo programmata per l’Università di Bologna, in particolare per il corso di dottorato in Culture letterarie e filologiche (ciclo “Teorie e metodi nella didattica delle lingue”), grazie all’invito del collega Nicola Grandi.
L’incontro si è tenuto in streaming audio e video, mediante l’utilizzo della piattaforma Microsoft Teams (una delle più utilizzate a livello di istituti universitari), ed è stato incentrato sulle caratteristiche che la trattatistica grammaticale ha assunto nel corso del tempo, a partire dalla sua nascita, nel XV secolo, fino ai giorni nostri, con particolare attenzione alla prospettiva didattica. Questo il titolo dell’incontro: Non solo regole: la grammatica a scuola nel corso dei secoli tra prescrizione e descrizione.
Esperienza molto positiva, nonostante la situazione particolare. Ho potuto interagire con circa 50 persone che, oltre a seguire, hanno avuto la possibilità di porre domande attraverso la voce o il supporto della chat. Con alcuni non trascurabili vantaggi: la via online ha consentito di estendere il pubblico inizialmente previsto (si sono collegati anche utenti esterni, che in una lezione in loco non sarebbero stati presenti), e la modalità di interazione anche tramite chat ha permesso (e permette, in generale) di superare i freni che a volte ci bloccano di fronte al’idea di parlare in pubblico.
Ovviamente, nulla può sostituire il contatto di persona, l’interazione più ravvicinata, ma credo che il nostro sguardo debba abituarsi a considerare più spesso il bicchiere mezzo pieno. Anche – e soprattutto – quando le cose del mondo sembrano non andare troppo bene.